La battaglia del merlo

“Maestro, guarda: c’è un merlo ferito sul sentiero!”

L’uomo non si muove, resta impassibile, appoggiandosi al bastone nodoso. L’allievo si avvicina cauto all’uccellino, cercando di non spaventarlo con movimenti bruschi. Arriva a sfiorarne il piumaggio arruffato, ma esita.

Il merlo lo osserva, gli occhietti neri come pozzi profondi. Il becco giallo è incrostato di fango, le sue zampe sono immerse in una pozzanghera. Di tanto in tanto fa per muoversi, ma perde l’equilibrio, non riesce a volare né a rimanere stabile in movimento.

L’allievo trae dalla tasca un pezzo di pane, ne strappa una briciola e la porge al merlo, che però non reagisce.

Sono un amico, non voglio farti del male. Se non vuoi mangiare non importa, ma sappi che voglio aiutarti.

Il merlo continua a osservare il giovane, sembra indeciso sul da farsi, ma si volta e lo ignora.

Allora il ragazzo cerca di prenderlo per trarlo in salvo, ma non appena le sue mani si poggiano sulle ali piegate dell’uccello, quello scappa, facendo un balzo di qualche centimetro.

“Maestro, che devo fare?”, sospira, nello sguardo una supplica muta.

“Guardalo bene e dimmi: che cosa vedi?”

L’allievo non comprende la strana richiesta del suo insegnante. Perché se ne sta lì, senza battere ciglio, anziché aiutarlo?

“Vedo una creatura sofferente, bisognosa di aiuto.”

“Ne sei proprio sicuro? Guarda meglio.”

L’allievo continua a non capire. Il merlo se ne sta immobile sul ciglio del sentiero, ormai si è lasciato indietro la pozzanghera. Ha l’espressione austera, fiera, cerca di non scomporsi. A tratti perde l’equilibrio, ma lo riconquista non senza fatica, per poi tornare immobile.

“Non capisco.”

merlo riflessoIl maestro si avvicina e si ferma accanto al suo apprendista, poi inclina il capo di lato e guarda il merlo con attenzione: “Non ha bisogno di te. In  questo uccello vedi riflessa la TUA richiesta di aiuto al mondo, non la sua. Non desidera essere toccato, sta cercando di trovare il suo equilibrio e tu, con la tua umana e ingenua presunzione, lo stai mettendo in difficoltà. Ti ho insegnato che quello che vedi non è quello che sembra, devi andare oltre le apparenze, non fermarti alla superficie.” Il tono del maestro è calmo, non c’è rimprovero nella sua voce.

“Ma… non sta bene, sembra ferito! Non dobbiamo fare niente per lui, quindi?”

“Gli animali sono diversi da noi esseri umani, figliolo. Sono in grado di guarirsi da soli, se ne hanno la possibilità. Inoltre, ogni essere vivente ha il proprio percorso in questa vita: non spetta a te decidere la strada degli altri. Questo merlo sta cercando di seguire la propria: aiutandolo senza il suo consenso, non faresti che deviarlo dalla lezione che lui stesso ha bisogno di imparare.”

L’allievo riflette, la fronte corrugata.

“Non sei ancora convinto, vero?”

Il giovane scuote la testa.

“Hai provato ad avvicinarlo, ma lui ha rifiutato il pane e non ti è venuto incontro. Quando lo hai afferrato, si è liberato dalla tua presa: non vuole il tuo aiuto. So che è difficile da accettare, dal tuo punto di vista, ma se vuoi diventare un Mago un giorno, devi imparare a distinguere il tuo volere da quello altrui, i tuoi bisogni da quelli degli altri, e devi accettare che ogni essere vivente, animale, pianta o uomo che sia, ha una propria strada da seguire, una strada che non va deviata dal Mago. Dovrai imparare a capire dove finisce la tua libertà e dove inizia quella dell’individuo che hai davanti, perché non potrai permetterti di essere tanto presuntuoso da decidere per qualcun altro.”

L’allievo ha capito, finalmente.

Guarda il merlo, si inchina al suo cospetto e dice: “Grazie, amico mio, per essere il maestro perfetto per me in questo momento.”

Poi si rivolge al Mago: “Grazie per i tuoi insegnamenti. Possiamo andare, ora.”

Si incamminano nel folto del bosco senza guardarsi indietro, mentre il merlo continua a combattere in pace la propria battaglia.

Muna

 

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