Sulle rive del Rio Grognardo e del Carpasina

Ci sono luoghi intrisi di magia, posti in cui non è difficile percepire l’energia che emanano.

Nella mia valle ce ne sono molti (Triora vi dice qualcosa?), ma oggi voglio parlarvi di due torrenti ai quali mi sono affezionata.

Nella più remota antichità, in Valle Argentina come altrove, si praticava il culto delle acque.

Questo portentoso elemento naturale veniva venerato in mille modi. Si portavano offerte alle sorgenti, si costruivano rudimentali acquasantiere per raccogliere l’acqua piovana, si veneravano le precipitazioni e le cascate…

Non è difficile capire il perché di tanto ardimento, se ci si immedesima nell’uomo primitivo. Girovagando per i miei monti, mi fermo spesso a riflettere su come egli dovesse vedere le cose, gli elementi naturali, e ciò mi accade soprattutto quando mi trovo davanti spettacoli di rara, ma semplice bellezza.

Il Rio Grognardo è un luogo speciale per me.

Lo scoprii anni fa, quando stavo studiando le tristi vicende che interessarono Triora sul finire del XVI secolo d.C. Lessi di una polla d’acqua profonda, il Lago Degno, un tempo nascosto dalla fitta vegetazione e raggiungibile a fatica persino dagli animali. Si diceva che solo il demonio potesse architettare un luogo tanto ostile e che qui si riunissero le streghe trioresi per i loro diabolici incontri.

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Presa dalle mie consuete smanie di conoscenza, decisi che avrei cercato quel lago, volevo vederlo, toccarlo con mano. Fino a qualche anno fa era un luogo frequentato da turisti e bagnanti nella bella stagione: i canyon formati dal torrente sono diventati un’attrazione alla quale non rinunciare, così come il lago nel quale rinfrescarsi dalla canicola estiva. A seguito di una frana e di un sopralluogo, tuttavia, da qualche stagione è ormai interdetto l’accesso per pericolo di crollo di un masso di notevoli dimensioni.

Tornando a noi, percorsi il sentiero che mi avrebbe condotta al Lago Degno. Purtroppo non vi sono mai arrivata, non conoscevo la deviazione che mi ci avrebbe portata, per cui proseguii il sentiero.

Fu così che scoprii un piccolo posto che porto sempre nel cuore, nel quale mi reco ogni volta che sento il bisogno di rigenerare la mia anima e di ritemprare il mio spirito. Proseguendo sul sentiero, infatti, si giunge a toccare le rive del Rio Grognardo. Il tappeto è di terra, foglie, fiori e muschio, mentre il soffitto è una volta di noccioli e di alberi dal verde così brillante da riempire il cuore di serenità.

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L’acqua scorre allegra, modellando rocce e tronchi a suo piacimento. E’ gelida al tatto, persino nei mesi più caldi, e il sollievo che si trova sotto quelle fronde è davvero una benedizione, in giornate afose e soffocanti. A me piace fermarmi lì, nei pressi del ponte di legno, sedermi su un masso e osservare il torrente che scivola via, sinuoso. Sui rami degli alberi ho intravisto qualche timido scoiattolo, in mezzo all’edera che ricopre il suolo, invece, non è inconsueto vedere le rane. Credetemi se vi dico che l’incanto del luogo è notevole, si percepisce la sua energia, è palpabile. Ci si sente osservati da occhi diffidenti, mai malevoli, ma comunque austeri. Dato che l’acqua ha una sua memoria e una sua sacralità, mi fermo a detergermi i polsi, la fronte, il collo… immergo le mani nel torrente e ascolto la sua energia guaritrice.

Chi è sensibile non può fare altro che provare timore reverenziale per gli spiriti che abitano il posto. Eppure ci sono persone che ancora maltrattano questi posti quasi incontaminati. Più di una volta mi sono fermata a raccogliere i rifiuti che si trovano numerosi, impigliati tra i rami e le foglie o abbandonati al bordo del torrente.

Non posso raccontare tutte le emozioni che il Rio Grognardo mi ha regalato negli anni, ne sminuirebbe la magia. Ci sono cose che vanno tenute nascoste, celate, per preservarle.

Tra la Valle Argentina e la Valle Impero, invece, si trova un altro torrente che sa dare spettacolo di sè: il Carpasina. Nella sua discesa da monte a valle forma delle gole caratteristiche, chiamate trunette in dialetto locale, davvero scenografiche.

Il sentiero non è ben segnalato, tanto che è difficile trovare la strada giusta in mezzo ai numerosi bivi in cui ci si imbatte, però l’esplorazione vale la pena.

Lungo il percorso che costeggia il Carpasina ci sono diversi punti più o meno panoramici, insieme a tratti in cui è possibile fermarsi a toccare il torrente. Numerose sono le cascate e le piscine d’acqua naturali, cambiano colore a seconda della stagione: in inverno sono tanto blu da far invidia al cielo, mentre in estate, quando la discesa dell’acqua è più lenta e più fiacca, il torrente si copre di verde dal fondale fino alla superficie. Una cosa è certa, però: i colori che troverete saranno così brillanti da illuminare il vostro sguardo.

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Il Carpasina a inizio autunno

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Il Carpasina in pieno inverno

Anche qui, come al Rio Grognardo, si respira un’aria magica, surreale. Tra orridi tanto profondi da non vederne la fine, ruderi abbandonati e coperti dalla vegetazione, alberi di castagno dilaniati dai fulmini e tronchi dalle forme stravaganti, sembra di essere stati catapultati in una fiaba o in un mito del mondo antico, dei quali si diventa spettatori e protagonisti al tempo stesso.

Insomma, ancora una volta torno a ribadire che, come scriveva Terzani, ogni posto è una miniera: basta scavare.

Muna

 

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